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Resistenza Genetica

La scoperta del fenomeno

Il primo anticoagulante che fece la comparsa sul mercato fu il Warfarin, che avveni nel 1950, portando con sé un ottimo successo, contribuendo ad una consecutiva ventata di ottimismo nel campo della lotta dei roditori. Con il passare del tempo, però si cominciarono a riscontrare alcune specie che resistevano sia al Warfarin che al Diphacinone. Da quel momento la resistenza a tutti gli anticoagulanti della prima generazione, è stata segnalata in molti altri luoghi ed ha coinvolto varie specie di roditori, tra cui il ratto dei Tetti ed il topo Domestico. Casi di resistenza importante sono stati segnalati per Bromadiolone e Difenacoum, sia per il ratto delle Chiaviche che per il topo Domestico, invece risultano immuni dal fenomeno: Flocoumafen, Brodifacoum e Difethialone.

Definizione e caratteristiche del fenomeno

Il fenomeno della resistenza agli anticoagulanti è causata dalla diminuzione in efficacia di esso anche se correttamente applicato. Questa perdita di efficacia è dovuta alla presenza di alcuni ceppi di Roditori che possiedono una sensibilità notevolmente ridotta ed ereditaria all'anticoagulante. Tale resistenza viene detta "Fisiologica", la quale si contrappone alla così detta "resistenza comportamentale", che consisterebbe nell'avversione di alcuni roditori verso stazioni od esche di avvelenamento, impedendo così di cibarsi della quantità di esca necessaria per il decesso. In certe specie la resistenza si presenta come una caratteristica naturale. La resistenza può essere di due tipi, monogenica o poligenica, derivante dal fatto che la presenza del fenomeno sia associata ad uno o più geni. La resistenza poligenica si è riscontrata nel Ratto nero , invece quelle monogenica nel ratto delle chiaviche e nel topo domestico. I meccanismi che concorrono a tale fenomeno, non sono ancora del tutto compresi, in quanto a seconda delle specie coinvolte appaiono diversi. Un'altra complicazione del fenomeno, consiste nel manifestarsi di una resistenza incrociata in una data popolazione, ossia lo sviluppo da parte di individui già in precedenza resistenti ad un primo anticoagulante, della possibile resistenza ad un altro anticoagulante al quale la popolazione non è mai stata esposta. Fortunatamente questo si è verificato in poche occasioni. In ogni modo si è riscontrato però, che gli individui resistenti al Warfarin, molto spesso sono resistenti sia agli anticoagulanti della prima generazione, e sia ad alcuni della seconda.

resistenza topi 02

Metodi per la localizzazione della resistenza

Per determinare se in una popolazione sono presenti individui resistenti ad uno o più anticoagulanti, esistono dei dettagliai protocolli sperimentali, che si devono eseguire in laboratorio o sul campo. Di solito i test più affidabili sono quelli che vengono effettuati in laboratorio su individui catturati dalle popolazioni oggetto di indagine. Tale esame consiste, nel nutrire con anticoagulanti gli individui, per un periodo di lunghezza variabile. Una volta ottenuto il risultato sperato, si sottopongono al test gli individui sospettati di essere resistenti, e l'individuazione è effettuata tramite il confronto delle curve di risposta alla dose delle due popolazioni. Questo test è molto efficacie per gli anticoagulanti di prima generazione, ma non appropriato per quelli di seconda generazione, soprattutto nel caso di più potenti principi attivi. Infatti per gli anticoagulanti di seconda generazione, invece di considerare il periodo di alimentazione è più giusto confrontare le curve di risposta ottenute somministrando dosi crescenti del principio attivo ad individui sospettati di essere resistenti e ad individui suscettibili entrambi della stessa specie. Un test molto efficacie, è quello della risposta della coagulazione del sangue; in poche parole si misura l'efficienza della coagulazione negli individui, dopo aver somministrato dell'anticoagulante. I vantaggi di tale test sono, la semplicità di esecuzione e la sensibilità, le quali permettono di individuare anche piccole differenze nella suscettibilità ad un anticoagulante fra due individui. Questo test tra l'altro non richiede l'uccisione degli stessi animali, in quanto una volta ottenuto il risulta si può somministrare un antidoto. Un altro metodo per individuare gli individui resistenti può essere mediante la tecnica del radio tracking seguirne gli spostamenti. Ci sono poi altri sistemi che richiedono l'inserimento di una sostanza radioattiva o colorante all'interno dell'esca, in modo cosi da poterla facilmente rinvenire negli escrementi o negli esemplari morti nella zona sottoposta al trattamento, rendendo così semplice l'esecuzione del monitoraggio.

Prevenzione e gestione della resistenza

Le strategie da mettere in pratica per evitare che aumentino i casi di individui resistenti agli anticoagulanti sono: utilizzare quanto più possibili mezzi alternativi ad essi, come le trappole; oppure se si deve ricorrere per forza all'uso di rodenticidi, la miglior cosa è senza dubbio l'impiego di quelli con il più alto concentrato di principi attivi, per i quali non sono stati ancora riscontrati casi di resistenza, vali a dire i più potenti anticoagulanti della seconda generazione come il Difethialone, Brodifacoum e Flocoumafen. Evitando quindi, quando è possibile l'impiego di quelli di prima generazione, dal Chlorophacinone al Warfarin.

Prospettive future

Si pensa che presto o tardi la resistenza arrivi per tutti i rodenticidi. Però se si pensa che il Brodifacoum risulta essere ancora immune dal fenomeno, ciò lascia buona speranza per il futuro. Inoltre la resistenza ai primi anticoagulanti si è sviluppata in breve tempo, di solito in pochi anni dall'immissione sul mercato già erano stati individuati i primi focolai. I punti critici da sottolineare sono che la resistenza ad alcuni composti della seconda generazione, interessa ormai vari paesi in Europa: Germania, Danimarca e Regno Unito e ciò porta ad avviare un monitoraggio del fenomeno anche in Italia. Inoltre và detto che l'eventualità di un uso sempre più frequente di anticoagulanti non può destare preoccupazione per le specie non bersaglio e neanche per il problema dell'elevato rischio ambientale dovuto al loro utilizzo.

 

 

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